Punti di Interesse - SiciliaInfo


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Municipio
Il primo edificio che si incontra percorrendo la via Francesco Mormina Penna è il Palazzo Comunale, realizzato tra il 1902 e il 1906 nel luogo dove anticamente si trovava il Monastero delle Benedettine, annesso alla Chiesa di San Giovanni Evangelista. Nonostante il contrasto dei volumi tra la struttura municipale che si estende seguendo un'immaginaria linea verticale e l'attigua Chiesa di San Giovanni Evangelista l'intero complesso non appare dissonante. Un telaio di lesene e semicolonne su alti piedistalli incornicia il prospetto dell'edificio ulteriormente scandito da bugne lisce spezzate dalle finestre a bifora del primo piano. Questo è l'unico monumento civile all'interno di uno spazio religioso e aristocratico. Negli ultimi anni il palazzo ha acquistato una considerevole notorietà essendo divenuto set cinematografico della fiction "Il commissario Montalbano", personaggio nato dalla penna dello scrittore siciliano Andrea Camilleri.



Palazzo Beneventano
L'involuta balaustra in ferro battuto rende immediatamente riconoscibile lo stile di questo balcone di un palazzo di Scicli (palazzo Beneventano): il Barocco. Bizzarro, appariscente e drammatico, con i suoi giochi di luce e l'abbondanza delle decorazioni, il Barocco siciliano esalta al massimo del suo potenziale l'architettura isolana con un'immagine inconfondibile destinata a durare nel tempo e a lasciare un'impronta indelebile. Sviluppato specialmente sulle rovine del terremoto che sconvolse la Sicilia nel 1693, diventò uno stile unico, soffisticato e fortemente personalizzato rispetto a quello dell'Italia continentale. L'incantevole Palazzo Beneventano è uno dei monumenti barocchi del 700 piu' significativi e più originali della provincia (storico d'arte Blunt). L'angolo sormontato da un cornicione, che funge da cerniera dei due prospetti, stilisticamente identici delimitando in altezza il palazzo, è forse la parte piu' interessante di tutto l'edificio. Esso è caratterizzato dalle artistiche decorazioni delle lesene bugnate, arricchite da due teste di moro in alto e da S. Giuseppe in basso. Scenografici i balconi dalle particolari inferriate panciute sostenuti da mensoloni che raffigurano animali fantastici. Le finestre del piano inferiore presentano invece nell'arco di volta "mascheroni" e
"caricature umane".



Palazzo Spadaro
Il palazzo appartenuto alla famiglia Spadaro, di origine modicana trasferitasi a Scicli nel XVII secolo, fu costruito a più riprese durante il 1700. Questo sviluppa il suo prospetto tardobarocco in lunghezza, assecondando l'andamento curvilineo che la strada assume in questo tratto e mantenendo perpendicolare al portone la scalinata interna. La facciata presenta otto balconi con inferriate convesse in ferro battuto con particolari modanature rococò a motivi geometrici e floreali. Questa particolarità delle inferriate è dovuta ad un'esigenza di ergonomicità per facilitare le dame ad affacciarsi dai balconi visti gli abiti sontuosi dell'epoca. La parte sottostante presenta otto aperture tra i due portali intagliati con eleganti modanature. Il portone principale, antistante la chiesa di San Michele Arcangelo presenta una decorazione ricca dove si può vedere il simbolo della famiglia Spadaro, ovvero un leone rampante. Tutta la facciata è impaginata in un telaio di lesene ad ordine gigante. Il prospetto posteriore di via Spadaro (che prende il nome dal palazzo) si presenta più povero, forse usato come ingresso della servitù viste anche le decorazioni.



Palazzo Bonelli-Patanè
Fu costruito nell'ultimo decennio del 1800. Il prospetto a due ordini è molto sobrio con modanature manualistiche. L'interno invece è ricco di stucchi, di pregiati mobili prodotti a metà del 1900 e di dipinti realizzati da Raffaele Scalia.



Piazza Busacca
Una delle più interessanti e coerenti della città. Progettata a fine Ottocento è un'area rettangolare individuata principalmente da due elementi: il complesso del Carmine, che ne costituisce il limite occidentale, e la Maestranza Nuova (via Nazionale), che la delimita a Oriente; a Sud è chiusa dal Palazzo Busacca, costruito grazie alle rendite dell'eredità del benefattore; a Nord fino al periodo prebellico esisteva uno dei palazzi barocchi più grandi e fastosi della città, Palazzo Di Lorenzo, di cui resta visibile poco più a monte un pilone angolare decorato con varie grottesche. Al centro della piazza troneggia il monumento marmoreo a Pietro di Lorenzo detto Busacca.



Piazza Italia
Creata tramite la copertura del torrente di San Bartolomeo, ha per questo una conformazione lineare. È uno dei nodi urbanistici più importanti della città nonché la piazza più vasta. Su questa area prospettano numerose architetture di pregio che vanno dal secolo XVIII al XX. A monte palazzo Fava, la chiesa del Collegio dei Gesuiti (S. Ignazio), palazzo Iacono, palazzo Mormina Penna. Poco più a valle lo spazio vuoto prosegue indisturbato seguendo il corso del torrente fino al Largo Gramsci sul quale insiste il Teatro Italia. Tutta l'area è delimitata dai prospetti di numerosi palazzi ottocenteschi. Una curiosità caratterizzante Piazza Italia è la presenza di un edificio modernista ispirato alle architetture di Oscar Niemeyer e in particolare al Palácio da Alvorada a Brasilia costruito negli anni sessanta al posto del Collegio gesuitico demolito.




Chiesa di Santa Maria La Nova
Sorta con il nome di Santa Maria La Nova della Pietà, la chiesa di Santa Maria La Nova si trova collocata nel cuore della cava omonima. Cronologicamente ultima architettura ecclesiastica di notevole valore storico-architettonico, la chiesa presenta una facciata a tre ordini divisa in tre comparti da lesene. Nel primo ordine si apre l'imponente portale incorniciato da lesene terminanti in capitelli ionici, il secondo ordine mostra un finestrone inquadrato da lesene di eguale stile , il terzo ordine, infine, termina nella torre campanaria ornata da ghirlande e da una balaustra in pietra locale. Le complesse vicende progettuali e costruttive, sviluppatesi nell'arco di tre secoli hanno visto nel 1798 il rifacimento della parte absidale e la trasformazione delle strutture dell'aula centrale e della facciata. Con il progetto originario dell'ingegnere G. Venanzio Marvuglia i lavori di ricostruzione furono diretti dal Cardona e completati nel 1801 con gli stucchi di Emanuele e Domenico Ruiz. L'abside si sviluppa intorno alla grande tela "Natività di Maria", opera caratterizzata dall'impianto monumentale dei personaggi, la cui attribuzione è controversa. Considerata, fino a pochi anni fa, opera di Sebastiano Conca, in base ai recenti studi della Prof.ssa Siracusano, la tela dovrebbe essere attribuita a Tommaso Pollace e cronologicamente collocata tra la fine del '700 e gli inizi dell'800. La seconda fase edilizia riguardante le navate e la facciata risulta più tormentata. I lavori iniziarono nel 1817 ma proseguirono nel corso degli anni con svariati progetti e numerosi direttori di lavori fino al 1851, anno del completamento della volta decorata con gli stucchi del Gianforma uniformati a quelli del Ruiz dell'abside. L'apertura al culto avvenne nel 1857. Le fortune della chiesa sono fondamentalmente legate alle rendite di Pietro Di Lorenzo Busacca che, facendo testamento nel 1567, nominò erede universale del suo immenso patrimonio la Confraternita della Chiesa denominata allora Santa Maria della Pietà.



Chiesa di San Giuseppe
Fondata verso il 1500 da Giannantonio Miccichè, nel quartiere Pendino o Casale, che poi da essa prese il nome di S. Giuseppe, fu elevata, nel 1598, a Grangia della chiesa Madre dal Vescovo di Siracusa D. Giovanni Orosco. Già precedentemente un gruppo di Francescani Cordiglieri si era insediato sulla collina della Croce costruendo un Convento e l'attuale Chiesa, con l'ampliamento di un antico oratorio; successivamente, altri Frati Cappuccini, anch'essi Francescani, avevano costruito un convento e una chiesa, sulla fiancata del Colle di S. Marco, su un terreno già appartenuto ai Confrati della Chiesa di Santa Agrippina, che spiega la presenza della statua quattrocentesca della Santa insieme a quella di Sant'Onofrio, di cui, invece non esiste traccia. Se in tale contesto topografico si inserisce la Chiesa rupestre del Calvario, risulta evidente il desiderio di un'ideale ricostruzione, sulla stessa collina, di un percorso di luoghi santi. Il terremoto del 1693 distrusse in buona parte la Chiesa che però, nel periodo immediatamente successivo, venne ricostruita nelle odierne linee sobrie ed essenziali che le conferiscono quella contenuta maestosità. L'interno, ad una sola navata presenta, all'entrata, sul lato sinistro, la nicchia con il fonte battesimale e, addossata alla parete, un'acquasantiera sostenuta da un puttino alato, avvolto in un lungo panneggio antecedente, forse, alla ricostruzione del XVIII secolo. Subito dopo troviamo l'altare dedicato alla Crocefissione: il corpo di Cristo, raffigurato con le caratteristiche dei Crocifissi anteriori al '600, (stillante sangue dalle ferite delle mani e dei piedi, dalla fronte, dal costato e dalle ginocchia), è fiancheggiato da due statuette raffiguranti Maria e San Giovanni. Una nicchia separa questo altare da quello dedicato a Santa Agrippina, la statua, in marmo, poggia su una base ottagonale nella quale è incisa la data del 1497 e sui lati sono raffigurati gli episodi riguardanti il martirio e i miracoli operati dalla Santa che tiene in mano il Vangelo, simbolo della fede in nome della quale subì il martirio e sconfisse il male, simboleggiato dal mostro mezzo animale e mezzo uomo, tenuto in catene sotto i piedi della Santa; nell'altro braccio è adagiata la palma,simbolo del martirio; la nicchia mostra, in alto, la conchiglia, simbolo della preziosità del contenuto, ed è attorniata da stucchi imitanti ricchi panneggi, che richiamano quelli dell'altare dell'oratorio di S. Maria della Croce.



Chiesa di San Michele Arcangelo
E' una delle chiese più antiche di Scicli, ricostruita dopo il terremoto del 1693 in uno spazio condizionato da edifici già esistenti. L'architetto modicano Alessi iniziò i lavori nella seconda metà del 1700 utilizzando tutto lo spazio disponibile per formare una quinta scenografica che permettesse, nel lato destro, di scorgere la chiesa di Santa Teresa; i lavori si conclusero a metà del 1800 sotto la guida dell'architetto Fama di Palermo. Il prospetto della Chiesa presenta tre ordini che acquistano una conformazione leggermente convessa soprattutto nella parte centrale del portale, fiancheggiato da colonne corinzie culminanti con cornice intramezzata da uno scudo araldico. Il secondo ordine mostra un finestrone arricchito da ghirlande floreali e chiuso da una gelosia in ferro battuto. Infine il terzo ordine appare con un'impostazione neoclassica per la mancanza di colonne sostituite da piatte lesene terminanti con capitelli corinzi che inquadrano la cella campanaria. Il prospetto della chiesa si chiude in alto con un timpano triangolare. Di notevole interesse è l'apertura laterale della chiesa su Via F.M. Penna posta di fronte al portone principale di Palazzo Spadaro. Si tratta di un ingresso arrotondato da una liscia strombatura appositamente realizzata per non appesantire il prospetto laterale della chiesa e preceduto da cinque gradini che seguono l'andamento digradante della strada.



Chiesa di San Matteo
In cima al Colle S. Matteo, circondato da rovine e ruderi di Scicli antica, sorge il maestoso primo duomo cittadino, dedicato all'Apostolo S. Matteo, patrono dell'antica città e protettore dei naviganti. Antichi documenti tramandati da scrittori del tempo, testimoniano l'esistenza della chiesa già a partire dall'anno 313 d.c. con la diffusione del libero culto del Cristianesimo. La chiesa, infatti, poggia le sue fondamenta su numerosi sotterranei e catacombe, utilizzate fino al 1884 per accogliere le spoglie dei cittadini Sciclitano di fede Cristiana. Il terremoto del 1693 fece crollare l'intero edificio che venne ricostruito per volontà e partecipazione del popolo sullo stesso luogo contravvenendo alla volontà del vescovo. Tale decisione era carica di forte significato religioso in quanto in questa chiesa si veneravano le reliquie del Beato Guglielmo, eremita morto a Scicli nel 1404 e ivi sepolto. Si narra che il corpo del Santo, racchiuso in un'urna di marmo, fu immerso in una tinozza piena d'acqua e che gocce di quell'acqua benedetta furono bevuta da migliaia di malati di peste che guarirono, e dagli ancora non contagiati che ebbero l'immunità. Oggi, ciò che rimane delle spoglie del Santo, viene custodito all'interno di una cassa d'argento conservata nella chiesa di S. Ignazio.



Chiesa Madre di Sant'Ignazio
È una tra le più antiche chiese ancora aperte al culto in città; è la sede della matrice dal 1874, da quando, cioè, venne chiusa la chiesa di San Matteo. Nel 1986, per decreto vescovile, è stata intitolata a San Guglielmo Eremita. Era annessa al convento dei Gesuiti, che nel 1961 fu demolito per far posto all'attuale edificio scolastico. Fu distrutta assieme al collegio, ancora in costruzione, dal terremoto del 1693, e successivamente fu ricostruita; sembra che i lavori si siano conclusi intorno al 1751, visto che tale data compare sulla facciata della chiesa. I disegni del progetto originario relativo alla costruzione prima del terremoto, sono attualmente conservati presso la Biblioteca Nazionale di Parigi.



Chiesa e convento del Carmine
La fondazione del convento sarebbe avvenuta nel 1368; inizialmente fu annesso alla chiesa di San Giacomo Interciso, titolo successivamente sostituito da Santa Maria Annunziata. A testimonianza di tale sovrapposizione resta il fatto che un altare rimane dedicato alla Madonna Annunziata. La chiesa, la sua facciata e l'ala orientale del convento, risalenti al secondo Settecento, sono stati progettati dall'architetto Fra Alberto Maria di San Giovanni Battista, carmelitano dalla stretta osservanza e residente nello stesso convento. La facciata a tre ordini, realizzata in un sobrio e raffinato stile rococò, è
divisa in tre comparti da fasce di lesene. L'elegante portale, decorato da motivi fogliacei, del primo ordine è sovrastato da un finestrone posto nel secondo. Il terzo ordine, che si sviluppa solo nella parte centrale, è concluso da una delle sette statue che adornano la facciata.



Chiesa di San Bartolomeo
Inserita in uno scenario naturale di rara bellezza, la chiesa di San Bartolomeo è stata definita dall'architetto Portoghesi "una perla dentro le valve di una conchiglia". Le prime notizie della chiesa risalgono al XV secolo e, in base a quanto riferito dallo storico Carioti pare che non abbia subito gravi danni in seguito al terremoto del 1693. Tuttavia alcune fonti riportano l'anno 1752 come l'anno di inizio delle fasi di ricostruzione.



Complesso Santa Maria della Croce
Sulla cima dell'omonimo colle si sviluppa il complesso della Croce che comprende una chiesa, un oratorio e un monastero. Il monastero fu fondato dai Frati minori osservanti gli insegnamenti di S. Francesco, agli inizi del XVI sec, grazie al contributo dell'Università di Scicli e dei Conti di Modica, Anna Cabrera e Federico Enriquez. Risparmiato dal terremoto avvenuto nel 1693, il monastero si articola su due cortili di forma trapezoidale, collocati a ridosso dello strapiombo della cava, di cui restano solamente alcuni ruderi. L'annessa chiesa venne ultimata nel 1528, come si legge dalla data incisa nel cartiglio a losanga sul lato sinistro del prospetto. La facciata si articola fra modanature tardo-gotiche, ed è conclusa da un tetto a doppia falda. Sul portale d'ingresso si aprono un arco a tutto sesto e un arco a sesto acuto; tra i due è collocato lo stemma quadrato appartenente ai Conti di Modica. Un altorilievo che raffigura un roditore nell'atto di mordere grappoli d'uva e un Agnello pasquale acefalo decorano parte dell'arco a tutto sesto. Il sistema degli archi termina in una
cornice lineare delimitata ai lati da due colonnine tortili; sotto la colonna destra un leone accovacciato viene morso da un ramarro. Sopra la cornice lineare si trova una finestrella quadrata, ai lati della quale si collocano due stemmi romboidali: quello di sinistra è lo stemma municipale, l'altro è di dubbia attribuzione.



Chiesa di San Giovanni Evangelista
Adiacente al Palazzo Comunale si trova la Chiesa di San Giovanni Evangelista. Essa fu fondata prima del 1300 e già in quegli anni fu istituita alla "Confraternita dei Nobili Bianchi", la quale si prodigò a Scicli compiendo opere di carità e di misericordia in favore della popolazione sino al 1860. Successivamente la chiesa fu ceduta ai monaci di San Benedetto i quali costruirono un monastero che diede impulso alle attività religiose ed economiche della città. La struttura crollò in seguito al terremoto del 1693, venne ricostruita a più riprese nella seconda metà del '700. La facciata ha un'impaginazione concavo convessa e presenta tre ordini, doppie semicolonne ne accentuano lo sviluppo verticale evidenziando lo stacco tra il partito centrale, convesso, e i due laterali, concavi.



Chiafura
Situato sulla parte meridionale del colle di San Matteo si sviluppa Chiafura, uno dei quartieri più antichi della città di Scicli, con le sue centinaia di bocche nere. Quartiere abitatissimo fino agli anni '50, oggi è deserto a seguito della legge Romita sull'edilizia impropria del 1954 che decretò il definitivo abbandono del quartiere e il successivo trasferimento nel nuovo quartiere di Jungi. Le origini di Chiafura sono remote. Si pensa infatti che abitazioni sparse risalgano addirittura al periodo neolitico anche se è stato scoperto che la maggior parte di esse appartenga all'età bizantina. In seguito all'insicurezza causata dal crollo dell'impero romano, le popolazioni cominciarono a salire verso la rocca fortificata, già sorta sul colle di San Matteo. La maggior parte delle abitazioni è collocata sul versante meno ripido, quello meridionale: qui sfruttando la grande abilità nel cavare la pietra, si creerà il primo nucleo di case in grotta sotto la roccaforte della città. A seguito del terremoto del 1693 il castello fu distrutto. Nel 1874 la Matrice fu trasferita nella Chiesa di Sant'Ignazio nella città nuova e ciò decretò la fine e il definitivo abbandono del colle, anche se diverse migliaia di persone continuarono a scavare le proprie semplici abitazioni e a ricavarvi all'interno, gli spazi e gli arredi che servivano per la vita di tutti i giorni. Nel XIX secolo, la fine del problema delle incursioni causate dalla seconda guerra mondiale e l'aumento demografico provocarono la progressiva espansione verso il fondovalle. La parte occidentale, dominata dal "Castiddazzu", è caratterizzata da terrazze lungo tutta la sua altezza. La maggior parte delle grotte è costituita da uno o due vani quadrangolari, di circa 4 o 5 metri di lato; alcune di esse sono scavate in pareti che si affacciano direttamente sulla strada; altre si raccordano alla strada tramite un cortile antistante. Parte di queste abitazioni sono dislocate su due piani, collegati attraverso scale interne, anch'esse scavate nella roccia.



A Rutta ri Ron Carmelu
Sita nel parco delle grotte di Chiafura, a Rutta ri Ron Carmelu regala un tuffo nel passato, un museo delle tradizioni e del modo di vivere dei nostri avi. Oggetti, attrezzi da lavoro, un antico forno in pietra dove veniva infornato il pane, un presepe, il tutto all'interno di una grotta abitata in passato da una famiglia del luogo.


Cava d'Aliga
Cava d'Aliga è una frazione marinara del comune di Scicli in provincia di Ragusa. Essa è famosa per le sue comparse nella fiction Il commissario Montalbano, in cui vengono mostrate molte scene riprese in questo borgo. L'origine del nome è incerto ma si pensa che possa essere collegato al fatto che dopo ogni mareggiata la splendida spiaggia di chiara sabbia fine racchiusa tra due scogliere si riempie di alghe da qui il nome Cava D'Aliga ossia cava d'alghe. Altri pensano che il nome possa provenire dal termine dialettale "cava larica" (cava larga), che fa riferimento alle dimensioni del golfo della zona. Il mare è sempre pulito per la mancanza di grossi centri abitati nelle vicinanze ed i bagnanti possono godere di questa caratteristica ormai molto rara nei nostri mari. Ma la bellezza di Cava d'Aliga non risiede tanto nell'abitato in sé per sé quanto nella curiosa posizione del borgo e nella bellezza naturalistica delle piccole falesie che a tratti, erose dal moto ondoso, ospitano delle cavità, talvolta delle vere e proprie grotte: è il caso della splendida Grotta dei Contrabbandieri, profonda cavità nella costa a oriente della spiaggia principale e del borgo, di apparente natura basaltica; una lingua di mare penetra all'interno e, nelle prime ore del pomeriggio, illumina l'interno in modo spettacolare. Un vero e proprio angolo di paradiso. Di grande interesse naturalistico è anche la zona di Punta Corvo che si raggiunge costeggiando la litoranea provinciale: qui si trova anche un vecchio faro, un tempo in uso alla Guardia di Finanza, oggi abbandonato. Qui la zona è costituita prettamente da scogliere e spettacolari insenature interamente ricoperte dalla palma nana (Chamaerops humilius) specie tipica della macchia mediterranea.



Sampieri
Sampieri è una frazione marinara, di circa 627 abitanti, nel comune di Scicli, in provincia di Ragusa. Nota località balneare, antico ed affascinante borgo di pescatori, dal minuscolo e romantico centro storico di case in pietra e stradine lastricate, è situata lungo uno sperone di roccia calcarea, compreso tra due spiagge di finissima sabbia dorata: la maggiore si estende per circa 1800 m ad est dell'abitato e la minore di 400 m circa, è situata ad ovest. L'economia del borgo è oggigiorno prevalentemente legata alle attività agricole ed al turismo, disponendo di una struttura ricettiva alberghiera di prim'ordine e di un moderno camping ben attrezzato e funzionale.




Fornace Penna
La Fornace Penna fu realizzata tra il 1909 ed il 1912 su progetto dell'ingegnere Ignazio Emmolo. Creando la società con l'appoggio del barone Guglielmo Penna, scelse il sito di "Punta Pisciotto" a ridosso del mare, per i seguenti motivi: il fondale sufficientemente profondo da consentire l'attracco delle navi, la presenza della ferrovia, la vicina cava di argilla, a circa 200 metri, per la materia prima, la disponibilità di abbondante acqua da una sorgente carsica locale. Lo stabilimento produceva laterizi che venivano esportati in molti paesi mediterranei: gran parte di Tripoli (Libia) dopo la guerra del 1911 fu costruita con laterizi del "Pisciotto". La cessazione dell'attività dello stabilimento avvenne durante la notte del 26 gennaio 1924, a causa di un incendio doloso che lo distrusse in poche ore. Una lettera abbandonata attribuisce il gesto ai socialisti, mentre un'altra ipotesi adombra il sospetto di una vendetta interna alle file fasciste. Negli ultimi anni, grazie anche al fascino delle sue rovine, la Fornace Penna è stata utilizzata come set cinematografico: "La Mànnara", come viene nominata la località dove sorge la fabbrica, in un episodio dello sceneggiato televisivo Il Commissario Montalbano. In occasione di una sua visita, Vittorio Sgarbi l'ebbe persino a definire "una basilica laica in riva al mare".


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