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Palazzo Municipale.

Il Palazzo Municipale sorge nel medesimo sito occupato dalla chiesa di San Giuseppe con annesso monastero teresiano, fondati da padre Pietro Palazzo nel 1620. L'una e l'altro furono soppressi per effetto delle leggi emanate nel 1866-67 e demoliti intorno al 1875 per la costruzione della nuova Casa Comunale su progetto dell'architetto Sacconi. Nel corso degli scavi per l’esecuzione delle fondazioni del Palazzo Municipale si trovarono  i resti delle terme romane, d'epoca imperiale. I lavori si protrassero fino al 1887, anno in cui il Municipio è stato completato. La facciata è un esempio di stile umbertino attenuato da evidenti riferimenti  neoclassici, di linea armoniosa, scandita da lesene con capitelli ionici e corinzi. In perfetta simmetria sono distribuiti le finestre balcone, delimitati da balaustre con colonnine poggianti su zoccoli, e sormontati da timpani triangolari e circolari, mentre i cornicioni inquadrano i piani in cui è suddiviso il palazzo. Il prospetto è infine sormontato da un  grande timpano al cui interno è inscritto un orologio incastonato in un tondo con fregi florali. L'ampio atrio d'ingresso introduce a una imponente scala in marmo di carrara ben tagliata e fastosa, progettata dell'architetto Fianchini. All'interno del piano di rappresentanza si trova l'Ufficio di Gabinetto del sindaco e l'Aula Consiliare sulle cui pareti campeggiano i ritratti di alcuni personaggi politici o uomini illustri di Comiso.

Terma romana.

Il ritrovamento dei resti di un complesso termale di epoca romano-bizantina quando, nella seconda metà dell’800, si scavarono le fondamenta dell’attuale Palazzo Municipale, suonò a conferma delle antiche origini della città. I successivi scavi  dell’archeologo Paolo Enrico Arias nel 1934-35 e soprattutto quelli dell’archeologo comisano Biagio Pace del 1937, rivelarono la monumentalità della “Terma” e vennero alla luce resti di un ambiente ottogonale, con un’abside, alcune vasche e canalette. Si trattava di un complesso termale sicuramente d’epoca romana, d’età imperiale, ancora in uso in età bizantina. Fu individuato dal Pace un vero e proprio ninfeo e furono meglio esplorati i due pavimenti già scoperti nel 1935. In epoca molto più recente, nel 1988 e nel 1989, sono state condotte altre due campagne di scavi ad opera della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Siracusa, nel corso dei quali sono stati scoperti altri ambienti che hanno permesso di intuire lo schema planimetrico e la distribuzione spaziale dell’edificio. Scavi finalizzati al  recupero del complesso edilizio di età antica già conosciuto e accrescere le conoscenze sulla  “Terma imperiale”. Gli ambienti che componevano il complesso termale erano un tepidarium, un caldarium, di cui è stato individuato quasi per intero il vano, un ambiente ottogonale di cui si conservano cinque muri perimetrali e due colonnine o pilae, addossate al lato nord, che insieme ad altre nove sostavano un hypocaustum, ossia un pavimento sospeso. Sulla parete occidentale del caldarium vi era un’imboccatura verso l’esterno, il praefurnium. Tra il tepidarium e il caldarium esistevano una complessa rete di cabalette e la cisterna. Il frigidarium doveva estendersi sicuramente sotto il Palazzo Municipale. Quindi il ninfeo, l’unico ambiente di cui è evidente un riutilizzo in epoca successiva rispetto all’impianto originario. Gli scavi più recenti hanno messo in luce un’area probabilmente a cielo aperto. Per Distefano si tratta di un cortile o un vero e proprio giardino, in parte interrotto da un canale e sostenuto da un muraglione. Nella terma, probabilmente si conservava anche una collezione d’arte. Nel 1934, in via Calogero, è stata rinvenuta una protome animalesca in marmo, alta 80 centimetri, attualmente conservata  presso l’Istituto Statale d’Arte. Forse un cervo, come farebbero intendere i fori per l’inserzione di due corna probabilmente in bronzo non pervenuteci. Tuttavia la scultura è di difficile identificazione con un animale reale: potrebbe trattarsi di una personalizzazione del fiume Ippari, certamente era una rappresentazione votiva posta all’interno del complesso termale o nel giardino. Inoltre sono stati rinvenuti altri frammenti in pietra, forse zampe di un leone, il che rafforza l’idea della presenza di una serie di sculture che adornavano la terma. L'edificio termale ha conosciuto due diversi periodi storici. La sua struttura architettonica è mutata nel IV secolo. Solo il ninfeo, per intenderci il luogo dov'è stato trovato il mosaico, è stato utilizzato in entrambi i periodi anche se nella seconda fase della sua esistenza, esso fu coperto da altro pavimento in marmo”. Riguardo alla datazione della Terma,  sulle orme dei migliori studiosi della seconda metà dell’Ottocento e fino allo stesso Orsi, Arias e Pace, si è ritenuto che l’originario complesso termale fosse databile tra il I e il II secolo. In realtà la datazione delle terme va posticipata senza dubbio all’età degli Antonini se non perfino alla metà del III secolo. Ciò si evince dall’impianto architettonico lineare ed efficace per l’uso dell’ambiente e per la presenza del pavimento a mosaico. La terma fu utilizzata sebbene in forma più ridotta, sicuramente fino al V secolo e fino allo scadere del regno di Valentiniano III (470 d.C.). Il ritrovamento del tesoretto di solidi d’oro di Onorio – 1100 monete - vicino il Vallone Cucca conferma una presenza consistente all’epoca ma anche la preoccupazione d’essere depredati. Erano già in atto le invasioni barbariche e l’Impero Romano d’Occidentesi sgretolava. I Vandali erano alle porte della Sicilia: il loro arrivo spazzò via un’epoca e non fu più il tempo delle terme.

Museo Civico di Storia Naturale.

Istituito nel 1991 presso l’edificio della “Ex Scuola D’arte” in via degli Studi, si estende su una superficie di 1000 mq. con la Sezione Paleontologica e Zoologica. Un grande patrimonio culturale e scientifico rappresentato da oltre 10.000 reperti di fossili di varie ere geologiche, da numerosi preparati zoologici, da circa 2000 animali terrestri e marini naturalizzati, da diversi preparati osteologici e la più importante collezione cetologica del meridione d’Italia. Oltre 7000 reperti fossili appartengono alla Collezione paleontologica privata “G. Insacco” e altri reperti fossili e zoologici sono stati recuperati a seguito di missioni compiute dal personale del museo, oppure donati da diverse ditte benefattrici o da privati collezionisti. Il patrimonio paleontologico è costituito da una ricca collezione di fossili di varie ere geologiche provenienti da vari continenti e testimoniano alcune delle tappe fondamentali della vita. Dai primi organismi, ai pesci corazzati del Paleozoico, dalle ammoniti ai grandi rettili che colonizzarono il mondo durante il mesozoico fino ai mammiferi del quaternario, uomo compreso. Diversi sono i resti di invertebrati e vertebrati del mesozoico; di grande importanza scientifica sono gli unici resti di vertebrati marini mesozoici della Sicilia di 230 milioni di anni fa.
La sezione zoologica è rappresentata da centinaia di conchiglie terrestri e marine, da vari molluschi e invertebrati, vari insetti siciliani e tropicali, una importantissima raccolta di crostacei decapodi. La collezione ittiologica è rappresentata da diversi pesci del Mediterraneo e tropicali, costituita da grandi pesci che popolano il mare e gli abissi e diverse specie di squali. Interessante la “Sala degli Abissi” dove si possono ammirare reperti autentici di specie che vivono nelle grandi profondità marine. Completano la collezione diversi reperti di mammiferi terrestri e marini, tra questi un Orso bianco adulto.

Teatro Naselli.

Un teatro è sicuramente esistito a Comiso tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento anche se la sua costruzione si fa risalire comunemente al 1841. Di certo era dotato di palchetti e presentava la caratteristica forma tondeggiante. Di esso si parla, a proposito della necessità di alcuni restauri in una lettera dell’Intendente di Siracusa, recante la data 25 giugno 1826. Le opportune riparazioni furono poi effettuate tra il 1836 e il 1839. Dalla documentazione esistente presso l’archivio storico comunale di Comiso, si evince il gradimento e l’attaccamento della popolazione a questa forma di
spettacolo. Fino al 1856 si succedettero alcuni modesti interventi. Infine si decise di porre mano alla facciata la cui realizzazione fu affidata all’ingegnere Sortino. Si tratta dell’attuale prospetto che consta di un portico dorico-siculo.
Pilastri e frontoni sono realizzati in pietra bianca di Comiso. I lavori furono appaltati nell’aprile del 1858 e completati l’anno successivo. Il teatro disponeva di 108 posti di platea, 10 palchi in prima fila, 11 in seconda, oltre una galleria a terza fila. Prosa, lirica e operetta vi si rappresentarono  assiduamente con un alternarsi delle migliori compagnie dell’epoca. Subito dopo la Grande Guerra ebbe inizio la lenta e inarrestabile decadenza e divenne perfino un deposito della nettezza urbana, quindi un cumulo di macerie.
Sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, fu ricostruito su progetto dell’architetto Enzo Gianna, ma della fabbrica originaria si salvò solo la facciata. Riaperto al pubblico agli inizi degli anni Ottanta, fu chiuso perché mancante dei requisiti della sicurezza. Agli ultimi spiccioli del Novecento  si pose mano ad una profonda ristrutturazione e il teatro, intitolato “Naselli” in onore alla casata che nel ‘500 elevò Comiso da Baronia a  Contea esercitando sulla città una delle più illuminate signorie d’Europa , è stato riaperto, ma potrebbe dirsi meglio inaugurato , il 25 novembre dell’anno 2000.
Arnoldo Foà, tra i più prestigiosi attori, è stato il primo a calcarne il palcoscenico dopo settanta anni. Poi tanti altri protagonisti del teatro italiano, troppi per citarli tutti, hanno rinverdito la tradizione teatrale comisana.
Il Teatro Naselli si presenta piccolo coi suoi 264 posti a sedere, ma grazioso. I radicali interventi sono stati progettati e diretti dall’architetto Salvatore Catalano e dall’ingegnere Salvino Palumbo. Da quel 25 novembre 2000 si è alternata una incessante attività teatrale ricca e di qualità come il cartellone di prosa, loft e musica.

Piazza fonte Diana.

Piazza Fonte Diana o semplicemente Piazza della Fontana, è da considerarsi come l’ombelico di Comiso per il suo ruolo di centralità della vita sociale, economica e culturale della città. Vero e proprio agorà, al centro di essa si trova una mitica fonte attorno alla quale si sono addensati i primi nuclei abitativi scampati alla distruzione di Kamarina o scesi dal Cozzo d’Apollo. In età romana, il sito abitato aveva, allora come oggi, al suo centro un’ampia area libera attorno alle limpide acque che sgorgavano dal sottosuolo, oggi purtroppo la sorgente non è più visibile. L’acqua assicurava la vita al nuovo nucleo abitato che, di fatto, galleggiava su essa. Presso la sorgente, la tradizione vuole che la Dea Diana si dissetasse e facesse il bagno. Il poeta latino Remmio Fanno nei suoi versi ha cantato i prodigi di queste acque che, se attinte da fanciulle impure, subito si sarebbero intorbidite. Ordalia pagana, questa, nota al Fazello e citata anche da Stanganelli nel volume “Vicende storiche di Comiso”, ricondotta a un remoto periodo preellenico. L’ordalia consisteva nel fatto che, quando una persona era accusata di colpe carnali, i sacerdoti la conducevano al fonte miracoloso, e fattegli compiere le purificazioni rituali, all’invocazione  di Diana attingeva l’acqua e vi si versava del vino. Se innocente, il vino versato nell’acqua si mischiava, se colpevole rimaneva separato dall’acqua. In epoca romana, a poche decine di metri da essa, si costruì un importante complesso termale, ampliato in epoca bizantina, i cui resti sono ancora visibili all’imbocco con via Calogero. La piazza appare all’occhio dell’osservatore armoniosa e dignitosa anche se l’attuale sistemazione è relativamente recente giacché è stata realizzata tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. La pavimentazione in basole e il nuovo maquillage del fonte, invece, è di qualche anno fa. Gli antichi palazzi eretti tra la fine del ‘400 e tutto il ‘500, infatti, non esistono più perché distrutti dal terremoto del 1693 o demoliti per far posto alle nuove costruzioni. Tuttavia la piazza ha conservato la sua struttura più antica, con le botteghe e luoghi di ristoro sostituite da uffici, esercizi commerciali, banche e bar. Su di essa, imponente, si erge la sagoma del Municipio, ultimato nel 1887, mentre l’edificio più antico pervenuto ai nostri giorni è il Palazzo Iacono-Ciarcià. Fu costruito poco prima del terremoto del 1693 e poi rifatto e migliorato dopo il terremoto. È dotato di una loggia o portico molto grazioso, tipico di un tardo barocco siciliano. I disegni della loggia furono quasi certamente dati dall’architetto netino Rosario Gagliardi e la sua costruzione completata tra il 1735 e il 1740. Proseguendo il giro in senso orario, intorno al 1900 è stato eretto l’Albergo e Ristorante Casmene, ribattezzato dopo il secondo conflitto mondiale “Moderno”. Attualmente, al primo piano ospita il comando di polizia municipale. È una costruzione sobriamente elegante, tipica dell’architettura comisana d’inizio
Novecento dove, in origine al suo interno, si notavano dei leggeri richiami liberty, mentre il prospetto principale, semplice e severo, principale si affaccia sulla piazza. Nel 1915 fu edificato in piazza Fonte Diana il Palazzo Leopardi - Romano, originariamente a due piani, mentre l’ultimo è stato aggiunto successivamente, probabilmente negli anni Trenta del secolo scorso. Alcuni anni prima, nel 1894 era stato completato Palazzo Iacono. I due edifici, l’uno dopo l’altro, chiudono il lato est della piazza. Erano di famiglie nobili comisane che, come già era avvenuto alcuni secoli prima, avevano eretto le loro abitazioni nella piazza principale come affermazione del loro potere economico e politico.
Palazzo Leopardi-Romano è stato abitato fino agli anni Settanta del secolo scorso. Oggi non più. Palazzo Iacono, invece, è sede di una banca che ne ha curato il restauro una quindicina d’anni or sono, restituendo all’antico splendore i saloni signorili del primo piano che recano buoni affreschi sui soffitti. Chiude il giro d’orizzonte della piazza Palazzo Criscione, edificato nel biennio 1931-1932, su progetto dell'ingegnere comisano Santoro Secolo, un edificio in puro stile fascista, dalle linee pompose ma per il tempo moderne, sicuramente massiccio, che interrompe quella linea di continuità e omogeneità con gli altri edifici esistenti facendo del palazzo un unicum quasi avulso dal contesto.

Castello dei Naselli d'Aragona.

Le prime notizie certe sul castello risalgono al 1330, ma nella sua struttura attuale fu costruito intorno al1497. Il castello rinascimentale sorse su un edificio sicuramente di epoca classica, lo testimoniano alcuni busti e iscrizioni di epoca romana, che furono inglobati nel nuovo edificio. L'edificio appartenne ai vari signori di Comiso, dai Berlinghieri, alla casata dei Chiaramonte, ai Cabrera, fino ai Naselli che lo acquistarono nel 1453. La parte più antica del Castello è il Battistero dedicato a San Gregorio Magno, con resti di affreschi di epoca bizantina e risalente intorno all'anno mille. Il castello presenta un torrione rotondo a nord, che in origine era una cuba araba, e una torre quadrangolare sul lato est; la parte nord del Castello è caratterizzata da un'elegante Trifora Serliana, che fu aggiunta nel 1728.

Basilica Maria SS. Annunziata.

La chiesa fu ricostruita e ampliata sulla preesistente chiesa di origine bizantina di San Nicola e ultimata nel 1591. A causa del terremoto del 1693 il tempio subì danni, ma fu ricostruito in stile neoclassico tra il 1772 e il 1793 su progetto dell'architetto G. B. Cascione Vaccarini, nipote del palermitano G. B. Vaccarini. La cupola, progettata dall'architetto comisano S. Girlando, fu ultimata nel 1885. Posta in cima a una scenografica scalinata, la Chiesa possiede una pianta a croce latina ed è divisa in tre navate, con volta a botte sostenuta da 10 grandi archi a tutto sesto. L'interno è arricchito di opere di notevole importanza, tra cui una statua lignea policroma di S. Nicola che recenti studi hanno datato alla seconda metà del XVI secolo, due tele di S. Fiume raffiguranti La Risurrezione e La Natività, un crocifisso ligneo attribuito a frate Umile da Petralia del XVII sec; una pregevole tela dell'Assunzione di Maria, firmata "Narcisus Guidonius", un monumentale fonte battesimale in marmo e bronzo opera di Mario Rutelli, realizzato nel 1912 e inaugurato il 15 agosto 1913.

Ex Chiesa del Gesù (o di San Filippo Neri).

La chiesa fu eretta per volontà del comisano servo di Dio Padre Pietro Palazzo nel 1616, realizzata per ospitarvi la nascente comunità della congregazione dei padri filippini e fu definitivamente sconsacrata nel 1866 a causa della soppressione degli ordini religiosi. L'edificio conserva una pregevole soffitto ligneo, attribuito a Olivio Sozzi, con una serie di dipinti raffiguranti scene della vita di San Filippo Neri.

Chiesa di S. Maria della Gratia O dei Cappuccini.

La chiesa è situata nella parte alta della città, dove anticamente sorgeva il convento dei padri cappuccini, già sede dell'ospedale Regina Margherita. La data di edificazione è indicata nel 1614. Il tempio è a una sola navata, con copertura a botte, due cappelle laterali e cinque altari di semplice fattura. Addossato al tempio è presente una cappella mortuaria, nella quale si conservano le spoglie imbalsamate di frati e borghesi. Nel suo interno si conservano opere di notevole interesse artistico tra cui spicca un raffinato altare ligneo con intarsi. Una cantoria in legno sovrasta l’ingresso. Nel 700  stucchi e intonaci coprirono gli splendidi affreschi che decoravano l’intera chiesa e che oggi sono in parte tornati alla luce e si possono ammirare sull’angolo del secondo altare di destra e sullo stipite d’angolo della seconda cappella.
Appena accanto all’ingresso, a destra una bella acquasantiera antica, a sinistra si nota la botola che chiude la scala dalla quale si accede alla cripta.

Santuario di S. Francesco all’Immacolata.

Splendido gioiello dell'architettura comisana, questa chiesa fu edificata sotto i Chiaramonte, feudatari di Comiso, nei primi anni del Trecento. La Chiesa, Monumento Nazionale, è a una sola navata con copertura a capriate scoperte,
presenta un'abside a pianta quadrata, con absidiola a cupola ad otto spicchi su pennacchi a favo, e stalattiti a conchiglia di chiara ispirazione arabo-gotica. Nel 1478 fu addossato alla chiesa il convento dei frati minori, che presenta un
grazioso chiostro, racchiuso da un sobrio portico di spirito quattrocentesco. All'interno troviamo: il monumento funebre di Baldassarre II (attribuito ad Antonello Gagini), composto da un sarcofago, sul cui coperchio è posta una statua del defunto, giacente come immerso in un sonno sereno. Il tutto è sormontato da una formella quadrangolare raffigurante la Madonna col Bambino; il monumento funebre di Baldassare I, posto dietro l'altare maggiore; un portale rinascimentale in pietra locale, proveniente dall'antica chiesa del SS. Cristo; una tela raffigurante la Madonna Immacolata; una tela raffigurante S. Placido, S. Tecla e S. Donato.

Chiesa di Santa Maria delle Stelle.

La chiesa Madre di Comiso fu edificata nel XV secolo, su un tempio preesistente alla destra della fonte Diana, dedicato a Santa Maria del Mulino, per la vicinanza all'antico mulino. Dopo il disastroso terremoto del 1693 fu distrutta e ricostruita nel 1699 grazie al generoso contributo del conte Baldassarre IV Naselli. Dell'originaria costruzione rimangono i pilastri ed il sesto acuto della navata centrale. La cupola, di stile neogotico, fu ultimata nel 1894, mentre il campanile fu completato solo nel 1936. All'interno è possibile ammirare: un pregiato soffitto ligneo, opera del messinese Antonio Iberti, detto il Barbalonga; una statua marmorea della Madonna del Carmelo, attribuita alla scuola del Gagini; l'altare maggiore in marmi policromi e lapislazzuli; il monumento funerario di Baldassarre V Naselli. Le maestranze artigiane comisane affinarono la propria arte lavorando alla ricostruzione della Matrice.

Chiesa di San Biagio.

I lavori per la costruzione della chiesa del santo patrono iniziarono nel 1500 sulle rovine dell'antichissima chiesa basilide di Abraxia (III-IV sec), a sua volta incorporata nelle strutture della chiesa romanica di San Biagio il Vecchio. La chiesa si presentava a tre navate con cupola centrale, che andarono completamente distrutte nel terremoto del 1693.
Nel 1700 fu ricostruita a una sola navata, fu innalzato un piccolo campanile ricoperto di raffinati cotti smaltati e fu collocata all'esterno una statua di pietra locale raffigurante il santo patrono San Biagio. La graziosa facciata, armoniosamente scandita da paraste e nicchie, domina l'imponente scalinata di accesso.

Chiesa di San Giuseppe.

Nel quartiere omonimo. In origine cappella private della famiglia Occhipinti. La Chiesa è ad una navata, sette altari e una cripta sotterranea, l’abside è decorata con stucchi del 700. Conserva due tele, “S. Apollino” e “S. Gaetano da Thiene” e la statua lignea raffigurante la Madonna della Mercede.

Pagoda della Pace.

Quella di Comiso è una delle pochissime pagode realizzate in Europa. Essa è stata fortemente voluta dal rev. G. Morishita, venuto a Comiso negli anni ottanta, ed è stata inaugurata il 24 maggio 1998. È alta 16 metri con un diametro di 15 e ha l'aspetto classico dello stupa indiano con la sua forma a cupola rotonda sormontata da un pinnacolo.
Interamente rivestita di pietra locale, di colore bianco, che le conferisce visibilità a chi dalla città volge lo sguardo verso la collina di Canicarao.

Aeroporto di Comiso.

L'Aeroporto è situato 5 km a nord dalla città di Comiso e 15 km dalla città capoluogo. Il sedime aeroportuale si estende sui territori dei comuni di Comiso e Chiaramonte Gulfi. La struttura,  è dotata di una pista in asfalto lunga 2538 m e larga 45 m, l'altitudine è di 230 m /756 ft, l'orientamento della pista è 05-23, la frequenza radio 125.275 MHz per la torre, circuito normale. L'aeroporto è gestito da Società Aeroporto Comiso ed è aperto al traffico commerciale nazionale ed internazionale. Nato come aeroporto militare, è stato riconvertito all'aviazione generale civile e cargo ed è stato inserito nel piano regionale del trasporto aereo siciliano, che prevede la costituzione di due poli aeronautici: quello occidentale, costituito dagli aeroporti di Palermo e Trapani, e quello orientale, rappresentato dagli scali di Catania e Comiso. L'aeroporto è stato aperto al traffico civile il 30 maggio 2013. Il nuovo aeroporto di Comiso è nato dalla collaborazione istituzionale fra l’Enac, la Regione siciliana e il Comune di Comiso. I lavori iniziarono il 23 ottobre 2004 ed andarono speditamente fino al completamento della parte air-side nell'aprile del 2007. Il progetto di ricostruzione dell'aeroporto ha permesso la realizzazione di una nuova pista lunga 2.538 metri, dotata di sistema di atterraggio strumentale ILS. La sua funzione, a regime, sarà di complementarità rispetto all'Aeroporto di Catania-Fontanarossa e servirà da base, oltre che per servizi di linea, per charter, compagnie low cost e cargo.
L'aeroporto venne progettato durante il ventennio fascista, fu realizzato fra il 1937 ed il 1939 e fu intitolato al generale di brigata aerea Vincenzo Magliocco, palermitano, morto durante la guerra d'Etiopia nel 1936. Durante la seconda
guerra mondiale fu utilizzato dalla Regia Aeronautica come una delle basi principali per gli attacchi italiani su Malta e contro le navi della Royal Navy stanziate nel Mediterraneo. Il 26 maggio ed il 17 giugno 1943, poco prima dello sbarco in Sicilia, l'aeroporto subì pesanti bombardamenti che resero la pista inutilizzabile. L'11 luglio dello stesso anno l'aeroporto fu occupato dalle forze alleate, che ne ripararono la pista per utilizzare lo scalo per le loro operazioni di supporto. Ricostruito e potenziato nel dopoguerra come base militare per il 41º Stormo di Catania sino al 1973, con una pista che arrivò ad avere una lunghezza di 1740 m, dal 1965 fino al novembre del 1972 vennero ripresi i voli civili, con voli Catania-Comiso e Palermo-Comiso. Il 19 agosto 1981, il Governo Spadolini designò l'aeroporto, in quel momento non attivo, come Base militare NATO. Fra gli anni 1983 e il 1988, esso fu quindi interessato da una notevole mole d'investimenti per la realizzazione della gran parte delle infrastrutture oggi esistenti, progettate anche per lo stoccaggio di testate nucleari. Con i 112 missili Cruise, operativi a partire dal 30 giugno 1983, sarà una delle principali basi della Nato nel sud Europa durante la guerra fredda. Successivamente, e con il venir meno delle esigenze di difesa dopo il crollo del blocco sovietico, la base militare perse d'importanza e venne progressivamente ridimensionata, sino ad essere definitivamente chiusa alla fine degli anni novanta del XX secolo. Tutt'oggi, sulla parte sud della pista sono ancora visibili i bunker che accolsero le testate nucleari americane.
Nel 1999, quella che ormai era la ex-base Nato, durante la Missione Arcobaleno fu riutilizzata per accogliere ed alloggiare circa cinquemila Kossovari nel corso della guerra della ex-Iugoslavia, in quelli che erano stati gli alloggi dei soldati americani di stanza al Magliocco durante la guerra fredda.
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